
Una Vita per la Missione
Il Dio delle donne

Le donne, del resto, è così che accostano e conoscono il mondo: con il corpo. E' così che se ne prendono cura, lo nutrono, lo ospitano, gli fanno compagnia. Almeno questo è ciò che succede se nessuna imposizione esterna giunge per costringerle a dimenticare l'intima vocazione di cui sono portatrici.
Ecco allora Etty, e la sua riflessione attorno alla preghiera. Il racconto del suo rifiuto ad inginocchiarsi, che gradualmente muta nell'urgenza fisica dello stesso gesto: Ieri sera, subito prima di andare a letto, mi sono trovata improvvisamente in ginocchio nel mezzo di questa grande stanza, tra le sedie di acciaio sulla stuoia chiara. Un gesto spontaneo: spinta a terra da qualcosa che era più forte di me.
Anche Alda, pur non negando al corpo la sua dimensione di ambiguità (nei suoi versi trova spazio anche il corpo ferito, stuprato, violato, imprigionato, reificato; un corpo che giace, che cade, che stramazza sotto un dolore troppo grande per essere sopportato....), ne rivendica la potenza generativa e relazionale, affidando ad esso la nostra sola possibilità di risollevarci. La grandezza di un Dio che si fa carne, la convince a tal punto della dignità assunta dal corpo umano, da farle scrivere il celebre verso:Se tutto un infinito ha potuto raccogliersi in un Corpo/ come da un corpo disprigionare non si può l'immenso?
L'esperienza di Dio, come l'esperienza dell'altro, non può nascere se non a partire dal corpo, che è la mia apertura sul mondo, la mia parola di carne. Alda si spinge così a cantare un incontro con Dio che diviene relazione amorosa, carnale, erotica, capace di riecheggiare sullo sfondo alcune pagine del Cantico dei cantici o gli scritti delle mistiche medievali tanto care a Luisa Muraro.
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Il Dio delle donne

Libertà di essere, dunque, che dà vita ad una libertà di dire e che sfocia nel bisogno di un nuovo linguaggio. Otri nuovi per il nuovo vino, capaci di narrare cose mai provate prima, atti ad accogliere anche la negazione ed il dissenso come luogo del dirsi di Dio: il resoconto di Dio - scrive Alda - sta forse in tutte le nostre maledizioni, forse il resoconto di Dio sta nelle nostre bestemmie, rivendicando così il suo diritto di cantare l'alterità di Dio anche e soprattutto a partire dalla fatica di trovarla, dallo sgomento per la sua assenza, dalla rabbia per il suo silenzio.
È, questa lingua nuova, quella che Muraro chiama una teologia in lingua materna, teologia che fa cominciare Dio dal luogo ancora non-luogo, dal tempo ancora non-tempo in cui un'esperienza cerca le parole per dirsi: non dalla Bibbia né dalla tradizione né dai filosofi antichi né dall'autorità religiosa. Lo fanno cominciare con la dicibilità dell'esperienza e con la gratuità rischiosa della libertà...Non ci sono parole escluse dal loro linguaggio...Di qui l'importanza della scrittura in lingua materna, scrittura “sacra” di una vera e propria rivelazione femminile di Dio. Che all'altra non toglie validità, ma offre un nuovo inizio (pp. 60-62).
Anche Etty si confronta con la stessa esigenza e fa sua la medesima ricerca, quando scrive: A volte vorrei rifugiarmi con tutto quello che ho dentro in un paio di parole. Ma non esistono ancora parole che mi vogliano ospitare. E ancora: Mi sono resa conto che è così che voglio scrivere: con altrettanto spazio intorno a poche parole. Troppe parole mi danno fastidio....Non un vuoto, ma uno spazio che si potrebbe piuttosto definire ricco d'anima.
E Zambrano, dal canto suo, invoca quella che chiama una ragione poetica, necessaria novità anche linguistica, capace di dar voce alle continue rinascite, alle parole e agli eventi trascurati in cui ci è possibile rintracciare ciò che sopravvive, nonostante tutto, entro le nostre morti, illuminato dalla potenza vivificante dello Spirito. Ad una tale ragione poetica, che si configura come insospettata aderenza alla vita, che sa guardare la parte più fragile del nostro essere, che non lascia passare invano le nostre rinascite, ella affida il compito di recuperare ciò che giaceva sul fondo della storia, di educarci ad un nuovo sentire dell'anima.
Il Dio delle donne
Il paradiso è qui?

Questo spinge ad abitare l'attesa, ad assumere l'esistenza come continua speranza, che pone attenzione più alla dimensione passiva dell'accogliere che a quella attiva del cercare, del definire, del conquistare. Per Maria Zambrano, l'attesa connota il femminile stare al cospetto di Dio e figura di questa attesa, che diviene ascolto attento, è per la filosofa andalusa Maria di Nazaret .
che saprei aspettare la tua voce
in silenzio, per secoli
di oscurità.
come il sole:
potresti far fiorire
i gerani e la zàgara selvaggia
sul fondo delle cave
di pietra, delle prigioni
leggendarie.
come l'arabo avvolto
nel barracano bianco,
che ascolta Dio maturargli
l'orzo intorno alla casa.
Scoprire Dio a partire dall'incontro/ascolto con l'umano è del resto uno degli snodi cruciali dell'esperienza di Etty: il suo sguardo si posa su quanti le stanno intorno, uomini, cose, storie. Ella se ne immerge, sentendosi parte dell'ininterrotto movimento del cosmo, della sua tensione al compimento, del suo eterno fluire. E in questo amoroso consenso all'esistenza, si abbandona con fiducia al Dio disseminato nelle cose, sepolto nei cuori.
Per Maria, la vicenda della sconfitta del Dio-Figlio si inscrive in quella dell'umanità, votata all'incessante rincorrersi di cadute e risurrezioni. Accettando di farne parte, Dio canta il suo amore per la storia umana, amore che lo porta a dissolversi in essa. Ma canta anche l'inesauribile forza che da esso promana. Forza capace di raccogliere i frammenti delle nostre sconfitte per riempirli nuovamente di vita.