Quando si parla di credere o di fede nel linguaggio dell’AT la prima radice che ci viene in mente è Alef-Mem-Nun (da cui Amen). Tutti conosciamo la parola amen, la ripetiamo alla fine di ogni preghiera, la diciamo quando riceviamo l’Eucarestia. Cosa significa?
Sintetizzando e semplificando, si può dire che amen, soprattutto nell’uso liturgico, legato al passato ha la funzione di confermare ed ha il significato di “veramente” o “così è”. Legato al futuro viene impiegato per unirsi alla richiesta o al desiderio di chi ha parlato e significa “così sia”. Gesù lo usa in un modo particolare, perché lo usa all’inizio delle sue affermazioni.
In ebraico la radice ’aman compare in tre forme/coniugazioni/costruzioni. Nella sua forma di base (qal) il verbo/la radice significa essenzialmente “sostenere, portare, supportare, sorreggere”; ad esempio, lo troviamo in Rut 4,16 e in 2Sam 4,4 col significato di “balia, nutrice”. Rut 4,16׃ “e Naomi prese il bambino, lo portò al seno e divenne la sua nutrice (qui piuttosto madre adottiva)”. Il passo di 2Sam 4,4 recita: “Giònata, figlio di Saul, aveva un figlio storpio di ambedue i piedi. Egli aveva cinque anni, quando giunsero da Izreèl le notizie circa i fatti di Saul e di Giònata. La nutrice l’aveva preso ed era fuggita, ma nella fretta della fuga il bambino era caduto e rimasto storpio”.
Al maschile ’omén ha il significato di “educatore, precettore”. I significati complessivi di questa forma Qal sono: 1) come verbo sostenere, nutrire; 2) come sostantivo padre adottivo; 3) madre adottiva, nutrice, balia; 4) pilastri, stipiti/sostegni della porta. Da questi sensi della radice ebraica ricaviamo l’immagine di un educare alla fede come si educa un bambino alla vita, un cammino paziente che implica un passaggio da genitore/i a figlio. Allo stesso tempo abbiamo l’idea della stabilità data dal senso “pilastri, sostegni”.
Per curiosità ho digitato in internet l’espressione “educare alla fede” e queste sono le prime tre risposte che ho ricevuto: 1) “Educare alla fede. Relazione tenuta da monsignor Bruno Forte presso l’Istituto Teologico di Chieti” (28/2/2013): È possibile educare o educarsi alla fede, se la fede è un dono? E, se è possibile, su quale fondamento lo si può affermare alla luce dal disegno divino rivelato nella storia? E in quale forma? Come si educa alla fede? Come si avanza nella fede? È a queste domande che cercherò di rispondere nelle riflessioni che seguono.
2) La seconda risposta è questa: Educare alla fede per essere testimoni di umanità (19 apr 2013): Si è concluso il 36° Convegno nazionale delle Caritas diocesane con oltre 600 delegati in rappresentanza di 220 Diocesi. 3) La terza risposta viene dal giornale Avvenire che riporta un’omelia di mons. Crociata (6 apr 2013) dal titolo: tempo opportuno per educare alla fede. Queste sono solo le prime tre proposte del motore di ricerca, ma ce ne sono molte altre… Dunque questo tema che risalta dalla ricerca etimologica è, in realtà, un tema ben presente e assai dibattuto nella Chiesa!
Alla costruzione hifil, cioè nella forma causativa, la nostra radice ’mn significa “credere, avere fiducia, considerare affidabile”. Significa essenzialmente vedere stabilità e sicurezza nell’oggetto che si crede o nella persona a cui ci si affida. Tutti ricordiamo quanto viene detto di Abramo in Gen 15,6: “credeva/credette nel Signore, ed Egli gli riconobbe questa cosa come giustizia”. Credere è un atto meritorio, perché ognuno di noi sceglie su chi porre la propria fiducia. Abramo credette più volte nella parola di Dio, Abramo credeva che la Parola di Dio sia vera, si può rischiare su di essa. La fede è un dono?
Dal dizionario ebraico BDB: Hiph. 1) stare fermo/saldo. 2) confidare, credere; ha anche la sfumatura di permettere. In questa seconda accezione della radice abbiamo l’idea di “saldezza, robustezza”, ma anche il senso di “confidare, credere” e “sperare, permettere”. Il senso di confidare, avere fiducia, credere è comune con la costruzione Qal.
Dalla radice usata in questa coniugazione mi pare di potere cogliere come stimolo per la vita la saldezza e la perseveranza nella fede. La fede viene coniugata in un contesto etimologico con saldezza/costanza/perseveranza. Potremmo dire che la fede si misura anche nella durata. Anche questa volta ho fatto un controllo in rete e ho digitato in internet l’espressione “saldi/perseveranti nella fede”.
Questo il risultato: 1) Blog dedicato a S. Rita da Cascia con una preghiera [Supplica la Trinità Santissima affinché diventiamo saldi nella fede, perseveranti nella carità e sempre confortati dalla speranza nelle promesse divine]; 2) Citazione biblica [2Cor 1,24 Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perchè nella fede voi siete già saldi; Fil 4,1: Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete saldi nel Signore così come avete imparato, carissimi!];
3) Benedizione solenne di avvento [Nel cammino di questa vita, Iddio vi renda saldi nella fede, gioiosi nella speranza, operosi nella carità; poi benedizione dell’Epifania: “Iddio… vi renda saldi nella fede, nella speranza, nella carità”; poi ancora SS. Pietro e Paolo: “Iddio… vi renda saldi nell’adesione a Cristo”]; 4) Inizio del messaggio di Medjugorie del 25 maggio 2013 [“Cari figli! Oggi vi invito ad essere forti e decisi nella fede e nella preghiera affinché le vostre preghiere siano tanto forti da aprire il cuore del mio amato Figlio Gesù…”].
Dunque il concetto di perseveranza nella fede è un concetto ben acquisito nel cristianesimo: la fede per essere vera deve durare o, se vogliamo, “la fede si misura anche dalla sua continuità e durata”. Naturalmente ne tratta anche la Scrittura… ma questo è un altro campo.
Al nifal, cioè nella forma che semplificando chiamiamo passiva o riflessiva, significa “essere confermato, stabilito, sicuro”, “essere affidabile, fedele”. Il primo uomo nella Bibbia ad essere chiamato “fedele” è Mosè in Nm 12,7. Il Signore, parlando ad Aronne e a Miriam, dice che Lui (il Signore) normalmente parla ai profeti in visione e nel sogno, ma non è così con Mosè, a lui Dio parla faccia a faccia, Mosè è uno del quale Dio si fida in tutta la sua casa.
Nella costruzione Niph. sono presenti i significati delle due costruzioni precedenti, in parte alla forma passiva. Niph. 1) essere sostenuto da una nutrice. 2) fatto fermo, sicuro, duraturo. 3) confermato, stabilito, sicuro. 4) verificato, confermato. 5) affidabile, fedele, degno di fede. Dunque in questa costruzione della radice, oltre all’aspetto di “balia”, c’è il tema della fede/fedeltà e della stabilità/durata. La sfumatura che deriva è che la fede si misura nel tempo, nella durata; insomma è una virtù a lungo termine che va esercitata nei diversi momenti della nostra vita.
Ho digitato in internet l’espressione “conservare la fede” con i seguenti risultati: 1) Al primo posto è comparso un articolo di Antonio Ucciardo pubblicato nella rivista Laós 19 (2012). L’articolo che compare nel sito del SEFT (Servizio Ecclesiale di Formazione Teologica) si intitola “Conservare la fede” e studia questo tema nella Scrittura [Il vangelo di Luca è il solo che riporti alcune parole enigmatiche di Gesù: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 8)…];
2) Al secondo posto viene il sito “Preghiamo insieme” (preghiere per ogni necessità) e compare una preghiera per conservare la fede [O Signore, fa' che la mia fede sia piena… O Signore, fa' che la mia fede sia libera… O Signore, fa' che la mia fede sia certa… O Signore, fa' che la mia fede sia forte… O Signore, fa' che la mia fede sia gioiosa… O Signore, fa' che la mia fede sia operosa… O Signore, fa' che la mia fede sia umile…].
3) Il sito della pastorale giovanile della diocesi di Pinerolo. C’è un breve testo dal titolo “Conservare la fede” dove si distingue della fede dei singoli e della Chiesa [Perché la fede è un atto personale e insieme ecclesiale? La fede è un atto personale, in quanto libera risposta dell’uomo a Dio che si rivela. Ma è nello stesso tempo un atto ecclesiale, che si esprime nella confessione: «Noi crediamo». È infatti la Chiesa che crede: essa in tal modo, con la grazia dello Spirito Santo, precede, genera e nutre la fede del singolo cristiano. Per questo la Chiesa è Madre e Maestra. San Cipriano scriveva: «Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per Madre»].
Un passo molto interessante nel quale si gioca sul significato di questo verbo al hifil e al nifal, è Is 7,9 “se non crederete, non sussisterete/resisterete”. Isaia deve tranquillizzare il re Ahaz di fronte alla minaccia degli aramei, di Efraim e del figlio di Romelia che vogliono marciare su Gerusalemme. Credere, dare fiducia alle parole del profeta Isaia che parla a nome di Dio, è la condizione per avere stabilità cioè per sussistere, per sopravvivere. Credere è vivere...
Abacuc 2,4 “ma il giusto vivrà grazie alla sua fede”: con questo termine, che noi traduciamo “fede”, si intende la stabilità, la rettitudine, la fedeltà. Il TJon lo traduce qui con qushta che significa “verità” oppure “onestà”. Questo lo dico per accennare solamente ad un’altra parola che viene dalla stessa radice e cioè amint, che significa “verità” ma anche “stabilità, affidabilità, costanza”.
In sintesi, in ebraico la fede è legata al concetto di stabilità, di solidità, di fedeltà, di durata e di conseguenza al concetto di affidabilità. Ha fede soltanto chi vede in Dio la stabilità, chi si fida di Lui. Ha fede chi è disposto a rischiare fidandosi della Parola di Dio. Ha fede chi si lascia sostenere, guidare ed educare da Dio. Cf. Eb 11,1 “La fede è il fondamento delle cose che si sperano”.
Ma voglio accennare anche all’ebraico moderno che conosce la radice ’mn anche nella costruzione hitpael che solitamente ha valore riflessivo-passivo. In questo caso il verbo assume il significato di “allenarsi, esercitarsi”. Questo fa pensare alla lotta, all’agone (agonismo) della fede. Ancora una volta ho digitato in internet l’espressione “lotta / battaglia della fede” con il seguente esito: 1) (Sito cattolico) Papa Francesco – Blog [Combatti la buona battaglia della fede, lotta contro il peccato dentro e fuori di te, vivi l’Amore e diffondilo ovunque tu vada…];
2) Omelia del Pastore Lirio Porrello (5 maggio 2013 a Palermo) sul tema 2Timoteo 4:7: Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho serbato la fede [Il versetto dell’epistola di Timoteo (si riferisce a 1Tim 6,12) evidenzia che anche nella vita cristiana esiste un combattimento che, però, non è contro Dio, ma contro la nostra stessa carne, il nostro “io”, i nostri dubbi, contro i pensieri negativi che si insidiano nella nostra mente come ragnatele e, soprattutto, contro le bugie del diavolo. Nessuno di noi può esimersi da questa lotta perché rifiutarsi vorrebbe dire perdere…];
3) Un membro della comunità Cançao nova (Brasile) fa una riflessione in vista della prossima Giornata Mondiale della Gioventù sul tema “Nella lotta della fede, la preghiera è un’arma vitale” [È proprio vero quanto scrive San Pietro nella sua Prima Lettera: “Siate sobri e attenti. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare {a lui resistete saldi nella fede}”. E non si riposa, non dorme. Potrei quindi io dormire, riposare, smettere di vegliare anche solo “un’ora”?... Un grande incoraggiamento per mantenermi fedele alla preghiera è la consapevolezza che il nemico di Dio non riposa. Siamo giovani, forti e vigorosi, disposti a lottare per un ideale];
4) Arrivo poi al movimento salesiano del triveneto dove trovo un articolo di Enzo Bianchi (Bose) da Le parole della spiritualità e dedicato alla “lotta spirituale” [Movimento essenziale della vita spirituale cristiana è la lotta spirituale. Paolo parla della vita cristiana come di uno sforzo, una tensione interiore a rimanere nella fedeltà a Cristo… Essendo la vita spirituale una realissima e concretissima vita, essa deve essere nutrita e corroborata per poter crescere e dev’essere curata quando è minacciata nella sua integrità… {Scrive E. Bianchi:} A questa lotta occorre esercitarsi: bisogna anzitutto saper discernere le proprie tendenze di peccato, le proprie fragilità, le negatività che ci segnano in modo particolare, quindi chiamarle per nome, assumerle e non rimuoverle, e infine immettersi nella lunga e faticosa lotta volta a far regnare in sé la Parola e la volontà di Dio!].
Abbiamo accennato che in ebraico biblico la parola ’emét, che deriva dalla stessa radice che esprime la fede, significa “verità”. Dunque la fede, almeno dal punto di vista etimologico, ha a che fare con la verità! Si può parlare di fede vera o verità della fede? Esiste questo concetto nella nostra cultura religiosa? Basta digitare “vera fede” oppure “verità della fede” per vedere.
1) Sono capitato su un blog/forum che si chiama “difenderelafede.freeforumzone” e che si presenta così [Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo “esperti” del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d’Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva];
2) Subito dopo viene un interessante articolo di Avvenire (sez. cultura) del 25 febbraio 2013 dal titolo “Senza libertà non c’è vera Fede”. [Nec religionis est cogere religionem. Lapidario è Tertulliano, con questo motto del suo scritto A Scapola (II, 2), nel riconoscere che nel cuore stesso della fede, ove pure impera la grazia divina, pulsa anche la libertà umana per cui «non è proprio della religione costringere alla religione»];
3) Si accede al sito Istituto di Gesù sacerdote (fondato dal Beato Giacomo Alberione) dove si trova un intervento di don Carlo Molari sul tema “Dimensioni della vera fede. La fede adulta”. Qui “vera fede” coincide con “fede adulta”. 4) Seguono poi altri siti che parlano di “vera fede”, ma sono siti di evangelici, di testimoni di Geova, oppure di un gruppo che si oppone al “Nuovo Ordine Mondiale” (complottisti, millenaristi, ecc.).
Invece se digito “verità della fede” capito su siti cattolici, in particolare siti che hanno a che fare con il catechismo e la sana tradizione ecclesiale. 1) Il primo riferimento è allo scritto di S. Alfonso Maria de Liguori “Verità della Fede” [Verità della Fede contro i Materialisti che negano l’esistenza di Dio, i Deisti che negano la religione rivelata, ed i Settari che negano la Chiesa cattolica essere l’unica vera]; 2) Al secondo posto troviamo un sito dove vengono elencate “le principali verità di fede” [Ci ha creati Dio. Dio è l’Essere perfettissimo ed eterno, pienezza e fonte di ogni bene, creatore e Signore di tutte le cose. Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e goderlo per sempre in Paradiso].
Altra radice/parola ebraica è batah, che esprime la sicurezza, l’affidamento, la certezza e la fiducia (in Dio, nelle cose e nelle persone). Il senso prevalente è quello di “sicurezza”. Nell’ebraico moderno per fare i controlli di sicurezza si usa questa radice (si usa la parola bittahon che è poco usata nella Bibbia). Alla costruzione causativa significa “dare fiducia, rassicurare, promettere”.
Insomma se dovessimo distinguere fra le due radici ebraiche ’mn e bth troveremmo la stessa differenza che abbiamo in italiano fra “fede” e “fiducia”: pur condividendo una vasta gamma di significati, le due parole si distinguono in quanto fede si usa piuttosto per Dio, mentre fiducia si riferisce all’uomo e alle creature.
Massimo Pazzini
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem