
Una Vita per la Missione
L’ACCUSA DELL’INVIATO DEL PAPA. ARMI E SOLDI, NESSUNO LI HA FERMATI
24.08.2014 12:46
Intervista a Fernando Filoni a cura di Marco Ansaldo – la Repubblica 22 agosto 2014
Eminenza, ha potuto visionare il video dell’orrore, con la decapitazione del giornalista
americano James Foley?
Il cardinale Fernando Filoni, il quale oggi come prefetto della Congregazione di Propaganda Fide è
il “Papa rosso” per i poteri straordinari a lui conferiti, ma durante la guerra in Iraq è stato il nunzio
vaticano che non volle abbandonare Bagdad sotto le bombe, si ferma un secondo. «Purtroppo ho
visto le immagini — risponde — ma non del tutto, non fino in fondo. Lei ricorderà quanti furono,
dopo il conflitto in Iraq, le persone uccise e quelle sequestrate, tra cui anche degli italiani».
E che cosa è cambiato, dopo più di dieci anni?
«Ecco, la metodologia è la stessa. Allora possiamo chiederci: quanto tempo ci vuole perché passi
questo orrore? Guardiamo l’omicidio di questo povero giornalista e vediamo che questi atti di
disumana barbarie, che fanno rabbia, continuano a ripetersi. Però guai a lasciarsi ingannare dalla
stessa violenza, perché la speranza non può mai abbandonarci. Chi non è mai stato toccato da questi
atti, non lo sa. Ma per noi, purtroppo, è il ripetersi di una situazione già vista».
Filoni in Vaticano è stato appena ricevuto da Papa Francesco dopo essere tornato dalla missione di
una settimana in Iraq. Il Pontefice ha scritto una lettera al presidente iracheno Fuad Masum:
«Rinnovo il mio appello a chi ha responsabilità politiche perché usi tutti i mezzi per risolvere la
crisi umanitaria ».
Il Papa andrà in Kurdistan, come ha accennato sul volo di ritorno dal viaggio apostolico in
Corea?
«Guardi, quando il Santo Padre mi ha affidato questa missione, non me lo ha detto, ma io ho intuito
che avrebbe voluto andare. Il fatto poi che abbia mandato laggiù un suo inviato personale rivela la
sua attitudine: se avesse potuto, sarebbe andato lui stesso. Ora toccherà a lui valutare».
Francesco ha parlato di «fermare l’aggressore ingiusto». È il tema della guerra giusta. Ne ha
parlato con lui?
«Di questo non abbiamo discusso più di tanto. Lui, nell’udienza, ha piuttosto voluto conoscere la
mia relazione. Era lui che ascoltava me, più che parlare ».
Ma quando le ha affidato la missione che cosa le ha detto?
«Una cosa che mi fa piacere sia rilevata. Il Papa non mi ha mai detto: vai per i cristiani. No. Ma: vai
per tutte le minoranze. Per cui, la Chiesa ha preso a cuore le situazioni di tutti».
Ad esempio?
«Io sono stato dagli yazidi, dai loro saggi, questi venerandi con le barbe lunghe. Li ho trovati pieni
di sofferenza, di lacrime. Mi hanno detto: noi non abbiamo più forza né voce. Per favore, siete voi
la nostra voce. Ecco perché come Chiesa stiamo parlando a favore di tutti: per gli yazidi e per gli
sciiti cacciati dai villaggi, per i sabei e per gli shaba. E anche per quei sunniti che non accettano
questa ondata di terrorismo».
E quando potrà tornare a casa chi è fuggito?
«L’aspirazione di molti è quella di tornare, purché ci sia una sicurezza internazionale. Alcuni
sognano invece l’aereo e di poter volare altrove. La Chiesa ha assunto una posizione molto chiara:
non possiamo organizzare nulla sotto questo profilo».
Chi muove i terroristi secondo lei?
«Questi gruppi operano mostrandosi ben forniti di armi e di denaro. La domanda è come sia
possibile che questo passaggio di risorse sia sfuggito a chi ha il dovere di controllare e su chi muove
da lontano le cose. Una risposta difficile, per ora, da trovare».
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